Razzismo e squalifiche, proteste e ricatti: il caso della chiusura di San Siro per i cori di “discriminazione territoriale” ha scatenato il caos in serie A, con gli ultrà che minacciano di far chiudere tutti gli stadi, e i presidenti che parlano di “società in ostaggio”. Ma mentre ai piani alti del mondo del pallone si consuma la frattura fra tifosi, club e istituzioni, il calcio italiano prova a ripartire dal basso: in Lega Pro le tifoserie organizzate diventano proprietarie delle loro squadre. O almeno di una piccola parte delle quote societarie.
E’ il progetto ambizioso lanciato dalla Lega Pro in collaborazione con Supporters in campo, associazione che si propone di promuovere “una reale democrazia nel calcio attraverso la partecipazione diretta dei tifosi alla governance e al movimento dei club”. L’idea è semplice: i tifosi si organizzano e formano dei trust (delle aggregazioni no profit, legalmente registrate), che acquisiscono una parte delle quote societarie della squadra dagli attuali proprietari, in modo da poter divenire membri attivi nelle scelte gestionali del club. “Oggi – spiega al fattoquotidiano.it Francesco Ghirelli, direttore generale della Lega – proviamo a fare in Italia quello che in Germania esiste dai primi anni Novanta: restituire le squadre ai tifosi. Far entrare i supporter nei consigli di amministrazione significa rompere quella barriera di incomunicabilità fra società e supporter che si è creata da anni. E parallelamente vuol dire anche responsabilizzare i tifosi, sottraendoli dalla deriva di disinteresse o peggio ancora violenza a cui assistiamo in questi giorni”.
I modelli sono quelli esteri di Barcellona e Bayern Monaco, anche se quello della Lega Pro sarà un azionariato popolare “all’italiana”, attraverso il passaggio intermedio dei trust. Il SüdTirol si è già mosso in questa direzione da qualche anno, e i lavori sono in stadio avanzato anche per L’Aquila. Questa stagione un primo incontro c’è stato per il Lecce, dove un membro della tifoseria è già entrato nel cda; presto dovrebbero attivarsi anche Prato, Savona, Venezia, Pavia, Rimini, Mantova, Alessandria. “L’obiettivo è avere 7-8 club partecipati da tifosi entro la fine del campionato, per poi cercare di coinvolgere tutte le 60 squadre della Divisione nel corso del 2014/2015”, spiega Ghirelli. I trust entreranno nelle società con una quota fra il 10 e il 15%, “quello che possono mettere economicamente in campo in questo momento, con la prospettiva magari di salire negli anni venturi”, aggiunge il dg. La Lega li guiderà in questo percorso, facendo da ponte con le società (“Abbiamo già preso contatti e sono tutte disponibilissime ad aprirsi ai tifosi”) e verificando ogni due mesi l’avanzamento dell’iniziativa. Il tutto con la collaborazione dell’associazione SinC, e sotto l’egida di Supporters Direct Europe, l’ente riconosciuto dalla Uefa e atto alla promozione della partecipazione dei tifosi nelle società calcistiche in Europa.
“E’ un passo importante, crediamo molto in questo progetto. Bisogna riavvicinare i tifosi alle società, altrimenti gli stadi italiani saranno sempre più vuoti. E renderli davvero proprietari delle loro squadre è la maniera migliore per farlo. E poi l’azionariato popolare può essere una risorsa fondamentale per il calcio minore, che deve fare i conti con la crisi e la mancanza di sponsor”. Non a caso nelle serie inferiori si sprecano gli esempi di società che, dopo il fallimento, sono ripartite proprio grazie alle tifoserie organizzate: “Taranto, Sambenedettese, Cavese, Ancona: le abbiamo già incontrate e le aspettiamo presto fra i professionisti, per continuare insieme questo percorso”, conclude Ghirelli. Il futuro del calcio è dei tifosi. Almeno in Lega Pro.